LA ZATTERA SENZA FINE
In
un contesto dove l'attualità non è avara
d'immagini, testimoni della miseria umana, penso che il ruolo dell'
artista non sia di aggiungere dell'orrore a quello che viviamo già.
Invece deve impegnarsi per recare al mondo bellezza e speranza,
ma non per questo significa che sia insensibile agli eventi. Al contrario
lo possono anche paralizzare nella sua creazione al punto di farlo
confondere la necessità di produrre della felicità,
con una forma d'indecenza che ci sarebbe da proseguire la sua opera
a tutti i costi.
E precisamente quello che mi capitava in pieni conflitti del Kosovo
e della Cecenia, mentre lavoravo sul tema dei boschi, a distanza
delle convulsioni della nostra Storia, presi conoscenza del testo
di J.B.H. Savigny riferendo il naufragio della Medusa, nel luglio
1816.
Intrapresi allora un' esorcismo iconografico attraverso il dramma
umano che fu questo naufragio.
I martiri non hanno né età, né razzia, né sesso,
si spostano di un' epoca all' altra, fu allora più benestante
per me di esprimere queste tragedie umane grazie alla distanza presa
per quanto riguarda i fatti, perché un viso di dolore è sempre
un viso di dolore.
Sui rimorchi dei trattori in esodo o davanti alla kalachnikov, sotto
le bombe o sotto le macerie di una città in rovine, nelle
cale di un sotto-marino in mare di Barents o sulle asse di una zattera
maledetta, l'angoscia, la disperazione e la morte non fanno che ripetersi
, per questo, bisogna tenerne il segno.
Al di là della presentazione del libro, installero su una
musica di Jaccinti Scelsi, al suolo, sulle parete, e nello spazio,
un' atmosfera immergendo lo spettatore in un' ambiente tragico e
marino.
Questa scena, fatta di tele, di legno, di corde e di catrame, costituirà lo
substrato pitturale dal quale, sotto forma di tende di grande misure
(250 x 180 cm ), scoccherà l'iconografia policroma di questa
zattera senza fine.
Riamodando con la tradizione di questo grande genere che fu la pittura
di storia per meglio distoglierlo, spero di contribuire dando la
prova che la pittura come i miti, non sono morti.
Tutt' altro, stanno molto bene , cosi come gli alcuni che li difendono,
li riattivano e trasmettono anche il loro valore transistorico e
universello.
Lionel Guibout
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